Fuori dal corpo

In questo periodo mi è capitato di riflettere sul fatto che tutte le attività che svolgo a livello professionale hanno un trait d’union importante: quello di spingere le persone ad abbandonare le proprie posizioni per andare ad osservare ciò che è l’essenza condivisa.

Questo lo faccio in formazione quando con i gruppi di lavoro si approfondiscono i temi del conflitto e della negoziazione: ci si esercita ad abbandonare la posizione della propria idea all’interno di un conflitto che è rigida, chiusa e cristallizzata per indagare gli interessi che stanno sotto la posizione per scoprire che è possibile e probabile che questi a volte coincidano con chi ha posizioni discostate e addirittura opposte alle nostre.

Lo faccio quando lavoro con gli operatori sanitari, nella lettura e nell’ascolto del paziente, cosa che non può prescindere dall’abbandono della propria soggettività, il dimenticarsi di chi si è per tuffarsi nella realtà della persona che chiede aiuto e ha bisogno di cura.

Lo faccio in psicoterapia, in gruppo: lo psicodramma offre l’esclusiva esperienza di interpretare ruoli diversi, di partecipare in qualità di attori e agenti alle storie degli altri e, all’interno delle proprie storie, di guardarsi da fuori, di guardarsi con occhi diversi.

Lo faccio nel gioco sia ludico sia didattico, nel larp (live action role play), dove è evidente che l’interpretare un personaggio ed entrare nella sua vita, permette a chi sperimenta questa esperienza, di vivere la vita di altri e quindi di capire meglio la propria, per opposizione o per similitudine.

Del resto, da ragazzina mi affascinavano molto quelle leggende metropolitane che si sentivano tipo “Lo sai che la zia della amica di quella mia cugina che è riuscita dal coma ha detto che mentre era in coma si vedeva vista dall’alto e galleggiava nella stanza con l’anima fuori dal corpo?”. A volte infatti mi mettevo allo specchio e cercavo con un secondo specchio di guardarmi la parte posteriore del corpo e, dalla sorpresa di vedermi da un punto di vista così insolito, mi domandavo se davvero quell’immagine riflessa fossi io.

Uscire fuori dal corpo è possibile, in molti modi e senza andare in coma! Mi chiedo solo quante persone abbiano l’opportunità di farlo e soprattutto, quante persone siano consapevoli e pronte a scardinare i propri punti di riferimento e tuffarsi nella realtà condivisa per capire che mettersi nei panni degli altri è indispensabile non solo per capire gli altri ma anche per capire se stessi.

[EDIT di 5 minuti dopo la pubblicazione: dopo la rilettura di questo post a scopo “scopri il refuso”, mi sono accorta che queste riflessioni sono state suscitate dagli sdegnanti dibattiti politici sulla questione migranti.]

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